Cosa significa viaggiare? Cosa induce ogni spostamento e cosa produce ogni movimento? Che relazione intercorre tra apprendimento e viaggio?
in realtà il titolo di questa prima copertina di Alma Itinera sarebbe dovuto essere “Dicitur viaggiare necesse est”, parafrasando una celeberrima frase attribuita da Plutarco a Gneo Pompeo: “Navigare necesse est, vivere non necesse”, rivolta ai propri marinai, che non volevano affrontare il mare burrascoso, per portare a Roma il grano di cui, la città aveva urgente necessità. Una di quelle frasi, si direbbe oggi “ever green”, che hanno viaggiato per molte epoche. Fu adottata come motto dalle città anseatiche e da varie organizzazioni marinare, anche contemporanee, fu riproposta da Gabriele D’Azzunzio, da Mussolini, da Ferdinando Pessoa, sino a essere musicata da Caetano Veloso nella canzone “Os Argonautas”, nella forma “Navigar è preciso, viver nao è preciso”. Ottimo, ma decisamente troppo ampolloso per Alma Itinera, più adatto a una sonnacchiosa conferenza pomeridiana, dove scarse platee di tirate signore agiate (i signori in certe occasioni solitamente brillano per la loro assenza) affidano gli ultimi scampoli di libido a fugaci incontri di fine intervento col relatore o l’autore del tomo appena editato, firmatario di copertine in edizione economica, brama di quegli ultimi fuochi di tarda repressa concupiscenza.
No, non va bene per Alma Itinera. Diciamo che per cogliere appieno lo spirito di questa nostra nuova avventura di studio e di ricerca, sarebbe più opportuno soffermarsi sui motivi, che avrebbero condotto tale platea ad affrontare, caldo e noia, per partecipare a un rito, direbbero gli antropologi, di condivisione “culturale”. Vero sembrerebbe (scusandomi per lo pseudo ossimoro) che un “qualcosa” abbia provocato, a vari livelli più o meno consapevoli, automatici, volontari o istintivi, insiti nella composizione generale dell’unità psicosomatica o nella particolarità di alcune sue componenti, anche microscopiche, uno spostamento, un movimento, il raggiungimento di una destinazione, ispirazioni, analisi, decisioni, percezioni, collegamenti, riflessioni e acquisizioni di informazioni, di emozioni, di ricordi, forse persino di sentimenti.
Se, cari venticinque lettori di manzoniana memoria, ci soffermiamo onestamente a riflettere, pensando a cosa provochi ogni nostro movimento, non avremmo timore di smentita nell’affermare che esso, il movimento intendo, segue qualcosa, che, comunque, è stato determinato, più o meno consapevolmente (tralasciando di insistere su cosa sia, in verità, la consapevolezza), dal funzionamento cerebrale che lo precede e che, per compiersi, debba essere seguito. Possiamo, pertanto, asserire, certamente in modo grossolano, ma un poco poetico, che “ogni movimento segua un pensiero”, estendendo ulteriormente il concetto sino a considerare la possibilità che “ogni viaggio segua un’idea”.
Chiedersi, pertanto, cosa sia l’attività del viaggiare e che rapporto contragga con la comprensione di quanto costituisca l’intorno, in cui un soggetto compia l’atto stesso in questione, ci appare estremamente importante, oltre che foriero di quello strano fascino, che vince, in tutti i campi, l’animo di chi vive chiedendosi della vita stessa e del quesito medesimo.
Il viaggiare, cari miei venticinque lettori di manzoniana eredità, è esperienza più comune e quotidiana di quanto possiamo immaginare. Alla luce di quanto espresso è viaggio il recarsi a studiare il teatro giapponese a Tokyo, così come andarsi a lavare i denti alla fine di un pasto. Addirittura il nostro esprimersi tradisce la banalità, su cui noi stiamo fondando un intero “spin off”. Diciamo, infatti, “andiamo a iniziare”, oppure “andiamo a mangiare”, usando, sovente, i verbi di movimento (almeno in lingua italiana), per esprimere qualcosa, che nasca nella mente (la passione per il teatro “no e kabubki” oppure il terrore della parcella del dentista) e per identificare, di conseguenza, uno spazio da percorrere, che, reale o concettuale, si offra ai nostri sensi e alla nostra fisicità. Infatti, se nella equazione rendessimo la dimensione “spazio” prossima allo zero, il viaggiare manterrebbe, comunque, la propria caratteristica percepibile (anche se forse non pienamente svelata) e ne rivelerebbe altre. Il viaggio, privato dello spazio, permetterebbe comunque il soddisfacimento di una espressione elaborata di necessità, anche a distanze annullate e riducendo il ruolo del corpo e dei sensi. Leggere un libro, annusare un fiore, accarezzare le gambe della propria amata sarebbe, pertanto, già viaggiare, lo sarebbe, addirittura, in punta di sillogismo, anche solo il desiderio di farlo.
Pensiamo che tutto ciò, malgrado appaia quotidiano, comune e forse banale, influenzi in qualche misura la nostra consapevolezza, la configurazione del nostro esistere o, per quelli come me, i più bassi istinti di sopravvivenza, fornendoci una ulteriore chiave per cercare, quali nipotini di Diogene, l’essere umano, o almeno, un’ altra tessera del puzzle rivelatore del senso dell’esistenza.
Allora, forse, alla luce delle ragioni sopra espresse, la scartata parafrasi iniziale potrebbe venir comoda, per terminare questa riflessione iniziale: “Viaggiare necesse est” oppure, per dirla con il Poeta, con la licenza di quella genialità che solo pochi possiedono nello spiegarci l’inspiegabile con la sensuale efficacia del bello: “Per la stessa ragione del viaggio, viaggiare” (Fabrizio De André – Khorakhanè).
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Titolo: “Viaggiare è seguire”
Sezione: “La copertina”
Autore: Gian Stefano Mandrino
Ospite: –
Codice: IAIALM2303210700MAN/A3
Ultimo aggiornamento: 06/07/2023
Pubblicazione in rete: 1° edizione, 22/03/2023
Proprietà intellettuale: INFOGESTIONE s.a.s
Fonte contenuti: INFOGESTIONE ALMA ITINERA
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Fonte video e contenuti multimediali: –
Collegamenti per approfondimenti inerenti al tema:
– Gneo Pompeo – “Navigare necesse est, vivere non necesse”
– Castano Veloso – “Os argonautas”
– Fabrizio De André – “Korakhané”